Gli ambienti surreali dei dintorni di Vìk, la lunga traversata delle pianure deserte e innevate del sud est dell’Islanda e l’arrivo in uno dei paradisi dell’isola: Jokulsarlòn, la laguna glaciale
La nostra giornata inizia sotto i resti di un’altra nevicata intensa avvenuta in nottata: la nostra macchina è ricoperta di neve, così come tutta la città di Vìk. Dopo la nostra colazione ultra-sostanziosa e una breve pausa-provviste al supermercato del posto, ci rechiamo sulla spiaggia del paese, nota in Islanda per il suo colore inequivocabilmente nero.
Durante l’estate il nero della sabbia e degli scogli si contrasta con il verde quasi fosforescente della poca vegetazione che cresce sulle pendici delle montagne, ma ai nostri occhi oggi si concede solo il bianco della neve appena caduta.
Lo scenario è surreale, sembra di esser in un film in bianco e nero, dove gli unici colori sono quelli dei nostri vestiti. Mentre ci rechiamo in spiaggia, attiriamo la simpatia di due cani del posto, forse randagi, o forse semplicemente lasciati liberi dai padroni, che si mettono a giocare con noi con un affetto e un energia quasi commoventi.
Lo spettacolo in riva al mare è da togliere il fiato. Il rumore delle onde, la neve che lascia spazio al bagnasciuga nero e in lontananza i caratteristici faraglioni che rendono Vìk inconfondibile nel mondo.
Mario, mio compagno di viaggio, che molti di voi ricorderanno come l’esperto di balene che ho incontrato lungo il mio viaggio a Capo Nord, trova qui la sua dimensione…è affascinante vedere un uomo così innamorato del mare di fronte a un’ambiente che lo fa sentire a casa. Vorrei per un secondo scrutare nei suoi pensieri mentre si perde nel canto delle onde, ma preferisco godere di questo splendido momento con i miei, di pensieri.
Ed è proprio durante questo momento di estasi della natura che il tempo all’improvviso cambia, le nuvole si aprono, e un sole fortissimo illumina la spiaggia e il paese. Torniamo quindi poco prima di Vìk, dove si prende la strada che porta al promontorio di Dyrholaey, da cui si gode di una vista sublime sulla spiaggia e i faraglioni.
Decidiamo poi di testare i limiti del nostro fuoristrada, imboccando la ripida strada a tornanti a senso unico che porta in cima al promontorio, dove si trova un faro. La strada è ricoperta di 30 cm di neve fresca, ma la presenza di altre tracce oltre la nostra è rincuorante….tant’è che arriviamo in cima al promontorio senza il minimo problema. Lo stesso non si può dire di una sprovveduta coppia di turisti di Singapore che ha avuto la brillante idea di imboccare la nostra stessa strada con una macchina senza gomme invernali e a trazione anteriore…ovviamente si sono impantanati, e ovviamente anche stavolta ci siamo inventati un salvataggio. Stiamo iniziando a pensare che potremmo stipulare una convenzione con il soccorso stradale islandese. 🙂
Il paesaggio dalla cima del promontorio è sensazionale. Le distese immense di neve che si scontrano col mare e la sabbia nera sono uno spettacolo sinceramente non descrivibile né tantomeno fotografabile nella sua immensità. Non si può fare altro che goderselo.
Da lì ci dirigiamo verso est.
Il tratto di strada dopo Vìk è assolutamente deserto. Durante l’estate appare come un enorme distesa di ghiaia grigia attraversata da qualche rigagnolo d’acqua. Non si incontrano centri abitati per centinaia di chilometri, le montagne sono lontane, così come il mare. La ragione di questo paesaggio va ricercata nella natura geologica di questa zona dell’Isola. Le montagne che scorrono alla nostra sinistra, infatti ospitano le principali calotte glaciali dell’isola, il Myrdalsjökull e il Vatnajökull, al di sotto delle quali si trovano diversi vulcani attivi.
Quando i suddetti vulcani decidono di eruttare, il calore della lava scioglie in massa il ghiaccio sovrastante, creando un’improvvisa ondata di acqua che si riversa a valle, distruggendo ogni cosa lungo il suo cammino. Un po’ come se fosse uno Tsunami, che però arriva dalle montagne invece che dal mare. Questo fenomeno accade con frequenza praticamente solo in Islanda, ed è infatti conosciuto nel mondo con una parola islandese: Jökulhlaup. Per questo motivo non ci sono villaggi o città in questa zona: verrebbero spazzati via periodicamente, cosa che peraltro accade con la strada che attraversa questa regione, specialmente i ponti. In tempi antichi era anzi considerato un gesto di coraggio attraversare a piedi o a cavallo questi spazi, per il rischio che si correva.
Al nostro passaggio la strada è ricoperta di neve e illuminata da un sole accecante. A tratti sembra di essere in Antartide, non si vede altro che una pianura ghiacciata che si estende fino all’orizzonte.
La strada passa poi nei pressi del parco nazionale di Skaftafell, che non possiamo visitare per via della troppa neve, ma che in estate è un luogo splendido per passeggiare accanto a ghiacciai, fattorie col tetto di torba, e una delle più belle cascate islandesi, Svartifoss, circondata da esagonali colonne basaltiche.
La nostra tappa termina nei pressi di Jokulsarlòn, un laguna posta ai piedi di un ramo del Vatnajokull, il terzo ghiacciaio più grande al mondo, al cui interno fluttuano diversi iceberg staccatisi dal ghiacciaio tra i quali nuotano moltissime foche. Il meteo è ancora una volta incredibilmente buono, e passiamo la nostra serata appostati sulla riva della laguna, godendoci una debole ma affascinante aurora boreale che si specchia sull’acqua.
Dei compagni di viaggio stavolta è Marta ad emozionarsi maggiormente di fronte allo spettacolo dell’aurora, complice l’atmosfera pacifica e solitaria di uno scenario tra i più magici d’Islanda, dove infatti resteremo anche il giorno successivo per goderci ogni sfumatura di tanta bellezza.
Con la terza aurora consecutiva, e la sensazione di essere miracolati dagli dei del meteo, ci corichiamo in attesa del giorno successivo.