Diario di un viaggio incredibile. La frontiera con l’ex Unione Sovietica, l’assalto delle donne col cibo, il cambio dei carrelli, e un misterioso personaggio che si getta dal treno
Fino ad oggi, è stato poco più che un normale Interrail. Da Varsavia le cose si fanno decisamente più impegnative, perché qui imbocchiamo la prima tratta “seria” del nostro viaggio, se vogliamo. 18 ore di viaggio, 2 frontiere. La stazione di Varsavia è divisa in piattaforme e non in binari. Ogni piattaforma ha poi a sua volta due binari. Una volta capito dove recarci, saliamo sul treno e scopriamo che il nostro compagno di stanza sarà un vecchietto polacco che non parla una sola parola di inglese e che viaggia zaino in spalla, ma che ha un aspetto tenerissimo, sorride sempre, anche se non ci possiamo scambiare mezza parola. La sua compagnia dura però poco visto che essendoci uno scompartimento libero, il capotreno gli ha proposto “la camera singola”, di modo da avere tutti più spazio per dormire. Il capotreno ci guarda con la faccia dubbiosa e ci chiede “ce li avete, vero, i visti per Bielorussia e Russia?”. Descriverei la sua faccia come se stesse dicendo “Non è che mi fate fare figure di M., poi, vero?”.
Dopo qualche ora arriviamo alla stazione di Terespol, ultima stazione polacca. Il treno è su un binario recintato, i passeggeri che scendono vengono tutti deviati verso un percorso obbligato, al di fuori del recinto. Sul treno salgono militari polacchi a controllare i passaporti per l’uscita dalla Polonia, altri militari percorrono tutto il treno lungo i lati in cerca di eventuali clandestini appesi sotto al treno. Poco dopo siamo alla frontiera bielorussa, e qui le cose iniziano a farsi interessanti.
La polizia bielorussa sale e inizia a controllare passaporti, perquisire scompartimenti e bagagli, distribuire carte di immigrazione. Arriva un ufficiale enorme, mi sbraita qualcosa in russo, e io sfodero la mia chicca “ja nie panimaju”. Ovvero “non capisco”. Ma lui non demorde. Continua a parlarmi in russo, vuole qualcosa, e sembra incazzatissimo. Dopo un po’ capisco che vuole sapere di dove sono. “italia”, dico. Continua a parlare in russo. Poi vuole perquisire il mio zaino e mi fa aprire una tasca a caso, che si rivela essere quella delle mutande, suo malgrado, dove peraltro avevo messo una scatoletta di tonno da usare per cena, visto che su questo treno, nonostante il viaggio sia di 18 ore, non è previsto un vagone ristorante. L’ufficiale storce un po’ il naso, poi se ne va.
Poco dopo il treno riparte e si ferma subito alla stazione di Brest, prima città Bielorussa del tragitto. Le scritte sono in cirillico, le case d’un tratto sembrano tutte diroccate e mostrano a un primo breve sguardo tutti i segni di un pesante passato Sovietico. Qui siamo testimoni di una scena veramente epocale. Il treno viene letteralmente ASSALITO da una folla di donne, lipperlì tutte molto belle e attraenti, che iniziano ad avvicinare in maniera molto invadente i passeggeri sbraitando qualcosa in russo, dove riconosco solo la parola “Piva”, birra. Vengono da noi, parlano in russo, hanno la faccia spaventata, agitata. Non capiamo.
Aprono una busta, dentro c’è birra e cibo: in pratica volevano venderci la cena. Rifiutiamo gentilmente, noi eravamo preparati all’evenienza con le nostre scatolette (aaaah, che poesia le scatolette…un viaggio non è un vero viaggio se almeno una volta non ti nutri a scatolette, secondo me).
Non possiamo non notare la faccia agitata e triste di queste donne, alcune, come dicevo, veramente bellissime, altre anziane. Non conosco molto la situazione attuale della Bielorussia, ma guardando gli edifici dal finestrino, e gli occhi di queste donne con le buste del cibo, mi viene facile pensare che il livello di povertà sia piuttosto alto. Le donne passano in continuazione, avanti e indietro, più volte veniamo avvicinati dalla stessa, anche 3-4 volte, che continua a proporci pollo, birra, bliny, e altro. E’ evidente che hanno scarsa memoria visiva. Dopo aver detto di no 100 volte, il treno riparte, ma torna indietro, ed entra in un capannone attrezzato.
Scopriamo che i binari della Bielorussia, e dell’ex URSS in generale sono più stretti del resto d’Europa, pertanto se un treno arriva dalla Polonia è necessario cambiare i carrelli del treno. A quanto mi dice il capotreno, succede la stessa cosa al confine tra Spagna e Portogallo…pensa te quante cose si scoprono.
Il treno viene quindi sollevato carrozza per carrozza, e degli operai fanno scivolare le “ruote giuste” sotto i nostri vagoni. L’operazione dura un’ora circa, poi il treno esce molto lentamente per tornare in stazione. Ed è lì che accade l’impensabile.
Andrea guarda fuori dal finestrino i binari e gli scambi scorrere. D’un tratto ha un sussulto. Un tizio con un borsone si è buttato dal treno in mezzo al buio. Chissà chi era, chissà perché si è tuffato così, se si nascondeva, se era un clandestino. Chissà qual era la sua storia.
Il treno ferma nuovamente sui binari di Brest, le donne con i borsoni del cibo scendono dal treno, e qui si rivela l’inganno: in quel momento attaccano il vagone ristorante. Dopo circa due ore dalla frontiera bielorussa il treno riprende a sfrecciare nella notte, fino a Minsk, per superare poi il confine Russo. Intorno a noi il buio assoluto, non c’è l’ombra di una luce artificiale, solo campagna buia. Spegniamo la luce e ci accorgiamo che sopra di noi c’è una stellata meravigliosa, accompagnata dai rumori del treno che sfreccia sui binari, come a sfogarsi dopo le lunghe operazioni di frontiera.
Con sorpresa passiamo il confine Russo senza accorgercene, nessun controllo passaporti, in quanto scopriamo che tra Bielorussia e Russia sono in vigore accordi tipo il nostro Schengen, non ci sono controlli alla frontiera tra i due paesi.
L’aria fresca ci accompagna tutta la notte fino al sorgere del sole, e finalmente, dopo un viaggio pieno di sorprese, senza dubbio il più affascinante fino ad oggi, il treno ferma sui binari di Belorusskaja, una delle tante stazioni ferroviarie di Mosca.
Da qui inizierà la parte veramente interessante del nostro viaggio, lungo la linea ferroviaria più lunga e famosa del mondo: la Transiberiana.