Il saluto in stazione, Venezia, e la prima notte in treno
Il primo giorno di qualunque viaggio, almeno per me, è da sempre il più difficile. E’ il giorno in cui ti lasci alle spalle tutto ed entri in una dimensione diversa. E’ il giorno in cui prima di uscire di casa pensi 10 volte se hai preso tutto, il giorno in cui saluti amici e parenti, il giorno in cui devi affrontare le prime difficoltà che si accompagnano a qualunque uscita dalla cosiddetta “zona di comfort”.
Oggi non ha fatto eccezione. Alla stazione di Torino Porta Nuova un piccolo gruppo di persone ancora non in ferie è venuto a salutarci, tra di loro inutile nascondere che il saluto più difficile è stato alle fidanzate, che ci sopportano e ci supportano in questa piccola follia che andiamo a fare.
Il treno lascia la stazione alle 11.11 dal binario 11, e ci piace pensare che questa sfilza di uno possa essere un piccolo portafortuna, una specie di talismano da portarci dietro su tutte le rotaie che passeranno sotto i nostri piedi, a cominciare da quelle del Frecciabianca Torino – Venezia, prima tappa del nostro viaggio.
Alla stazione ci aspetta un “fan” (mi fa sempre strano usare questa parola) dei miei lavori, Piero, un ragazzo di Trieste che per caso passava da Venezia in quel giorno e ha deciso di farci compagnia tra un canale e l’altro. Venezia, sarà banale a dirsi, è una delle città più affascinanti in cui mi sia mai imbattuto. E’ una città che sta a metà strada tra miracolo e follia, un labirinto galleggiante dove il tempo sembra essersi fermato a centinaia di anni fa. Spesso da buoni Italiani ci dimentichiamo di quanto possa essere meraviglioso il nostro paese, e ci dimentichiamo che c’è un mondo intero che farebbe di tutto pur di avere un decimo della bellezza che abbiamo noi a pochi passi da casa nostra, eppure finiamo sempre per scordarcelo o sottovalutarlo. Siamo un po’ psicopatici in questo, è innegabile.
Venezia, dicevo, è un labirinto come pochi ne ho visti in vita mia. I certe vie non passano nemmeno due persone, il tutto attraversato da una rete di canali dove si muovono i veri simboli della città, le gondole, da sempre icone Veneziane nel mondo. Oggi hanno più il sapore di trappole per turisti, o coppiette innamorate, che a colpi di 80 euro a giro cercano forse un’atmosfera di altri tempi, ma è innegabile che senza di loro, Venezia non sarebbe la stessa cosa.
Piero è davvero una cara persona, un ragazzo sensibile e con la passione per il nord europa come me. Tra una chiacchiera e l’altra, si parla del mio viaggio a capo Nord, e dei viaggi di Andrea, e in breve attraversiamo questo labirinto fino al Ponte di Rialto, per mia sfortuna completamente coperto dalle impalcature dei lavori di ristrutturazione, e poi fino a Piazza San Marco, dove la musica dei ristoranti di lusso rilassa l’ambiente, e i piccioni hanno la stessa attitudine di Maverick in Top Gun. I contrasti Italiani, ancora una volta. Piero ci saluta, e noi continuiamo il nostro giro salendo sul campanile per vedere il labirinto dall’alto, ancora più affascinante, se vista da lassù.
Fa un caldo davvero mortale. 35-36 gradi, un umidità oltre il concepibile, come ci si aspetta da una città galleggiante. Abbiamo addosso una stanchezza non comune, come del resto ci si aspetta nel primo giorno di un viaggio così. Una volta mi spaventavo, pensavo “e adesso chi ha la forza di continuare?”. Oggi sono consapevole che è solo un momento che richiede pazienza…o almeno spero. Con il calare della sera ci trasciniamo alla stazione per recuperare gli zaini e portarci verso Mestre dove ci aspetta il treno notte che da Venezia ci porterà Vienna.
Ecco, questo è il punto in cui un racconto di una giornata normale dovrebbe finire. Ma chi prende un treno in Italia sa che le sorprese iniziano proprio quando ti accingi a prenderlo, il treno. E così, oltre a 40 minuti di ritardo scopriamo che il bigliettaio non ci ha venduto delle cuccette come promesso, ma dei posti a sedere in uno scompartimento da 6, pieno in ogni suo centimetro quadrato, tra passeggeri e bagagli. Io e Andrea capiamo subito che le nostre speranze di prendere sonno sono direttamente proporzionali alla nostra bravura nel Tetris umano.
Contro ogni pronostico, e con i piedi dell’altro addosso, riusciamo vagamente a prendere sonno, ma l’incanto dura poco. Ore 3.19, la porta si spalanca, luce accesa e “BIGLIETTI PREGO!!!”. Mancava solo un secchio d’acqua in faccia. I biglietti si controllano in pochi minuti, di solito, ma nel nostro scompartimento una coppia di Finlandesi non trova più il biglietto e lo cerca per mezzora, salvo poi trovarlo nel portafoglio. Chi l’avrebbe mai detto che era proprio lì, eh?
Finalmente spegniamo la luce, e proviamo a dormire, se scopriamo che la borraccia di Andrea perde acqua. A dire il vero lo scopro io, perché mi gocciola in testa. Alle 5, entriamo Austria, e ovviamente, porta aperta, luce accesa e “FAHRKARTE BITTE!!!!”.
Di certo non la ricorderò come la nottata più riposante della mia vita, ma del resto, nessuna prima notte di un viaggio importante lo è.
Nel frattempo albeggia, e si intravedono le alpi che scorrono ai lati del treno, che dopo qualche ora arriva a Vienna. Stremati e sudati raggiungiamo il nostro albergo.
Una doccia che sa di resurrezione.