Racconto del viaggio in treno più lungo della mia vita. 2 giorni e 3 notti sul treno, da Mosca al cuore della Siberia, 4 fusi orari più a est
Il treno da Mosca a Krasnoyarsk parte alle 23.45 e arriva alle 8.45. Sembra tutto semplice. Peccato che gli orari siano rispettivamente del 15 e del 18 Agosto. Su quel treno dovremo stare 3 notti. L’idea ci attira, dopotutto siamo molto stanchi, e soprattutto ci incuriosisce vedere come sarà la vita sulle rotaie, come si mangerà, come ci si laverà, quali persone si incontreranno, eccetera.
La responsabile di carrozza, in russo “Provodnitsa” controlla i nostri biglietti. E’ una donna piccolina, tracagnotta, si direbbe da noi, dalle chiare fattezze Cinesi, ma Russa fino al midollo. Ha un’aria molto dolce e rassicurante, ma allo tesso tempo severa. Sembra un po’ una nonnina. Quando sorride mostra qualche finestra che aumenta la sua tenerezza, ma non vuole farsi fotografare.
Prendiamo posto nello scompartimento, che nella seconda classe è da 4 posti; con noi viaggiano una mamma con la figlia piccola, 3-4 anni. Viaggiano da Mosca a Kirov, per cui staranno con noi solo la prima notte. Diamo loro una mano a sistemare il bagaglio, poi prendiamo le lenzuola e ci facciamo il letto. Lo scompartimento è stretto, e nei bagni l’acqua esce dai rubinetti in modo strano, in breve bisogna schiacciare il rubinetto verso l’alto, il che rende praticamente impossibile lavarsi le mani in maniera normale, ce le si lava una alla volta, con l’acqua che cola attraverso l’altra impegnata a garantire l’uscita d’acqua. Le docce non esistono, per questi 3 giorni è meglio non sudare. La mamma della bambina porta in scompartimento un oggetto in prospettiva molto inquietante: il VASO DA NOTTE.
Ricapitolando, dopo appena 10 minuti ci rendiamo quindi conto che dovremmo passare i prossimi 3 giorni in uno spazio angusto, senza lavarsi, e con l’eventualità che una bambina russa ci caghi in stanza. Scoppiamo a ridere. Davvero facciamo fatica a smettere. Ma in ogni caso prendiamo sonno senza difficoltà, il treno è silenziosissimo, e oscilla dolcemente. Al mattino sono il primo a svegliarmi. La luce che filtra dai finestrini illumina il viso della bambina che dorme beatamente al mio fianco. E’ davvero bellissima, del resto anche la mamma è una bella donna. Piano piano ci svegliamo tutti e con quel poco di russo che so iniziamo a fare conoscenza. La bambina si chiama Veronìca, la mamma Elèna. Stanno andando a Kirov, quindi scenderanno a breve.
Il treno Mosca-Pechino attraversa 6 fusi orari, quindi esiste il problema di capire che ore sono, e quindi regolarsi con l’orario delle fermate: a che ora arrivano e partono i treni? Dove cambiano i fusi orari all’interno di uno stesso paese? Per risolvere questo problema, in tutta la Russia sui treni viene segnato l’orario di Mosca, e tutte le fermate seguono quello.
Ad esempio, sul tabellone degli orari c’è scritto che il treno arriverà a Irkutsk, sul lago Baikal, alle 2 del mattino, ma in realtà quando il treno arriverà a Irkutsk il sole sarà già sorto, perché quando a Mosca sono le 2, sulle sponde del lago Baikal sono le 7 del mattino. La stessa cosa vale nelle varie stazioni del treno. Se da Irkutsk si dovesse prendere il treno per andare a Pechino, bisognerebbe prendere quello delle 2 del mattino, ovvero andare in stazione alle 7 del mattino locali. Non è una cosa semplicissima, ma funziona così.
Lungo il percorso, il panorama è dei più monotoni che si possano immaginare. Infinite schiere di betulle, interrotte da qualche breve pianura, ma essenzialmente è un viaggio nella foresta. Non me l’aspettavo così florida, la Russia, se si pensa che in questa parte di mondo buona parte dell’anno la temperatura va sotto zero, e non di poco. Lungo il percorso incrociamo una quantità enorme di treni merci, tanti e lunghissimi. La Transiberiana è in effetti la principale via di trasporto di merci dall’Oriente all’Europa, decisamente più rapida delle navi, decisamente più capiente e meno costosa degli aerei. Da cosa ho letto ci sono circa 120 treni merci che passano ogni giorno.
Di tanto in tanto il treno fa delle fermate, spesso piuttosto lunghe, 20 minuti in media. C’è tutto il tempo di scendere, sgranchirsi le gambe, fare due foto alle stazioni e ai treni, ed eventualmente comprare provviste ai chioschetti presenti sui binari. Non è che le alternative siano poi così tante, essenzialmente sono zuppe istantanee, di quelle che si preparano solo aggiungendo acqua calda.
Alla stazione di Kirov salutiamo dunque madre e figlia, e il loro posto viene preso da un ometto robusto di nome Sergej. Sergej si dimostra subito molto amichevole, riusciamo a comunicare mescolando russo e tedesco. E’ un architetto, lavora a Kirov, ma vive in Siberia, a Barabinsk, e sta tornando a casa dalla famiglia per le vacanze. Tira fuori il suo pranzo, un’ insalatona, della pizza, e altri intrugli, poi dallo zainetto tira fuori una bottiglia di Vodka, si riempie il bicchiere, e se la spara tutta alla goccia, sotto lo sguardo attonito di me e Andrea. Sergej scrolla la testa, evidentemente accusando, ma non troppo, la botta alcolica, e ne offre un po’ anche a noi. Ovviamente non rifiutiamo, credo che in Russia rifiutare la Vodka sia peggio che insultare la madre. Ci offre anche della pizza, che non è affatto male, in sincerità. Condividere cibo e alcool, del resto è il modo più antico in cui due esseri umani che non parlano la stessa lingua possono diventare amici. In questo modo entriamo, per così dire, in confidenza. Sergej ci insegna quindi un’usanza tipica russa. “Snachala vipit’, a patom zakusich”, ovvero “prima si beve, e poi si mangia qualcosina”. Ci spiega che la parola “zakusich” non significa mangiare, quello è “iest”. Zakusich è uno spuntino, un bocconcino di qualcosa.
Il tempo, durante un viaggio in treno di questo tipo, viene percepito in una maniera che è difficile spiegare. E’ tutto più dilatato, i minuti passano con la velocità dei secondi nella vita di tutti i giorni. Se nei giorni precedenti mi accorgevo che, girando per qualche città, dopo aver visto un milione di cose era passata “solo un’ora”, sul treno mi accorgo che dopo aver letto mezza pagina di un libro è “già passata un’ora”. Andare verso Est aumenta questa percezione, perché da un punto di vista puramente solare, le giornate durano qualcosa in meno. Il telefono è staccato, non c’è nessun wi-fi o cose simili, e fondamentalmente non c’è nulla da fare. Eppure posso assicurarvi che 3 giorni in treno sono passati alla velocità di un giorno “normale”.
Noi Passiamo la giornata a leggere e a scrivere il diario. Ogni tanto mi alzo a fare qualche foto dal retro del treno, e alle stazioni si scende per farsi un giro.
Arriva presto la sera, e con Sergej si ripete lo stesso rituale. Prima si beve, poi si fa uno spuntino. In questo breve lasso di tempo Sergej ha finito la sua bottiglia di Vodka in totale scioltezza, e anche io ne esco abbastanza “carico”, motivo per cui mi addormento come un sasso. Andrea, stoicamente, continua a leggere il suo Kindle.
Il giorno dopo ci svegliamo che è tutto nuvolo. Il treno è fino ad ora passato per le principali città russe. Ekaterinburg, Perm, Tjumen, Omsk.
Alla stazione di Barabinsk, Sergej e la sua Vodka ci lasciano da soli. Decidiamo di sperimentare il vagone ristorante, frequentato ovviamente solo da turisti. I prezzi sono bassissimi, a prendere le cose più care si spendono 10 euro. Con 3-4 euro si può fare una cena. Si mangia piuttosto bene, sicuramente una piacevole pausa dalle zuppe istantanee dei giorni precedenti.
Il treno ferma a Novosibirsk e Taiga senza accogliere nuovi passeggeri, e per deduzione, ci convinciamo che passeremo l’ultima notte da soli, ma sbagliamo di grosso. Non si sa bene per quale motivo, la responsabile di carrozza sposta nel nostro scompartimento un signore anziano, obeso, dalla mole impressionante, forse maggiore della somma di me e Andrea, e i denti tutti dorati. Si chiama Alexander,è un pensionato diretto a Cita, ben oltre il Lago Baikal. Comunichiamo a sorrisi e gesti, ma molto presto si corica su un lato. e inizia a dormire. Chevvelodico a fare, russa come non so cosa. Io a Andrea ci guardiamo preoccupati. Forse forse era ancora meglio l’incognita del vaso da notte. Ma qui finalmente tornano utili dei magici arnesi comprati apposta per queste situazioni: i tappi. Mi isolo nel mio mondo ovattato dove dormo come un angelo fino al mattino successivo, quando alle 8.45, ora di Mosca, 12.45 ora locale, e dopo 4065 km, il treno ferma a Krasnoyarsk, la nostra prima tappa lungo questa infinita ferrovia.
Benvenuti in Siberia.